“Tap to watch people live” è per me un modo di concepire un reportage per immagini di un parte del mio contemporaneo.
Parte dall’esigenza di documentare qualcosa, di fornire allo spettatore delle immagini per capire un periodo in mutamento. Il mio interesse si è concentrato su un aspetto in particolare della socialità virtuale -sempre più normalizzato e diffuso- il contenuto “live”, o diretta, ovvero un carosello incoerente fatto sia di inquadrature vuote e desolate che da riprese estremamente statiche e frenetiche nella loro pulsazione dopaminica.
Questi contenuti hanno delle caratteristiche importanti e caratterizzanti che mi hanno sempre incuriosito: richiedono un grande investimento temporale per la loro realizzazione come per la loro fruizione ed essendo materiale audiovisivo tendono a monopolizzare totalmente l’attenzione e l’impegno dello spettatore. Altra eccezionalità è che sono pensati per un consumo immediato, di fatto svanendo nella maggior parte dei casi sottolineando la loro natura totalmente estemporanea.
TikTok in particolare è riuscita a massificare con eccezionale rapidità l’uso e consumo di questi contenuti, offrendo ai suoi utenti strumenti relativamente semplici per cimentarsi in tutto ciò, autonomamente dal proprio smartphone.
Accedere ai contenuti live è semplice e viene fin consigliato; la cosa che mi ha subito affascinato è come sia stato trasportato completamente il meccanismo di scroll ad “ascensore” dell’app.
Scorrendo si viene trasferiti all’interno di un momento della vita di un altro utente. Emerge la percezione di una popolazione perenne che abita l’app, pronta a condividere il loro tempo con un pubblico virtuale.
Per fissare questo stream ho voluto distillare la sensazione del “doom scrolling” in cui spesso questi contenuti tendono a confondersi e perdere di significato. Ho scelto dunque di utilizzare uno scanner come strumento di registrazione per sintetizzare le varie immagini; la raccolta delle immagini è quindi un atto meccanico, realizzando una scansione per ogni video proposto dall’algoritmo.
In poco tempo il temibile algoritmo dell’app ha iniziato a sviluppare una profilazione basata sulla mia attività totalmente randomica, fornendomi certi contenuti che secondo i suoi calcoli avrebbero potuto essere di mio interesse. In un certo senso è stato un lavoro a quattro mani: le immagini che ho collezionato sono anche frutto dell’intercessione digitale dell’algoritmo.
Questa dimensione mi permette di interrogarmi su quello che per me è il mio punto di vista, nell’era dei feed perfettamente ingegnerizzati, autoguidati e della generazione automatica dei miei orizzonti culturali. Lasciando fare tutto all’app, comportandomi quindi da consumatore perfetto, posso essere il passeggero dei miei “Interessi” (o cosa viene considerato tale da un’algoritmo costantemente mantenuto e migliorato per essere sempre più tremendamente accurato, qui e ora per il mio intrattenimento).
Le immagini sono pensate in scala 1:1; il telefono appare sospeso nel vuoto della superficie dello scanner così da convogliare l’attenzione al centro, al movimento congelato del video scansionato. Ogni immagine corrisponde a circa 12 secondi di video. Il totale di scansioni effettuate è un numero ancora in crescita e al momento ha superato la soglia dei quattrocento.